La seconda parte della mia intervista a Ferdinando Scianna. Un grazie
particolare va anche agli organizzatori del Corigliano Calabro
Fotografia che mi hanno offerto l'opportunità di avvicinare il grande
fotografo siciliano.
Corigliano Calabro, 30/06/2012
5) A proposito di letteratura, Leonardo Sciascia è stato per Lei
determinante. Le fece capire, ad esempio, quanto diverse dall’intento analitico
fossero le ambizioni delle sue foto di feste religiose in Sicilia. In quella
circostanza, l’influenza del suo grande amico e scrittore su di Lei fu
soprattutto di farle intuire la natura narrativa di quel lavoro o contribuì
anche a far mutare in qualche modo il suo successivo approccio alla fotografia?
E’ una forma retorica quando io
dico che Sciascia ha avuto nei miei confronti un’influenza retroattiva. Perché
certe foto le avevo fatte prima di conoscerlo, quindi retroattivo che vuol
dire?
Nel senso che, a volte, uno fa
delle cose di cui prende coscienza dopo, soprattutto se queste cose hanno una
prassi, come quella della fotografia, in cui l’intermediazione tecnica passa
attraverso strumenti meccanici. Non è un apprendimento in cui il fare e il
pensare passa per la mano.
La differenza fra un pittore e un
fotografo è che il primo deve imparare a dipingere. Anche il fotografo deve
imparare, ma non sul piano tecnico: se tu dai a qualunque persona una macchina
fotografica, adesso anche un telefonino, schiacciando il bottone, anche per
vedere soltanto come funziona, produce una fotografia. Quindi non c’è un
apprendimento per fare una fotografia, c’è un apprendimento per finalizzare
questo gesto, per renderlo coerente in un percorso di carattere culturale. Ho
incontrato un po’ di tempo prima Cesare Brandi, mio professore di storia
dell’arte all’università, altra persona per me determinante. Non gli ho
mostrato le mie fotografie per sapere cosa ne pensasse, l’ho sentito parlare di
pittura, del rinascimento italiano, di Masaccio e della Cappella Brancacci. La
maniera in cui ne parlava, a causa della debolezza culturale della mia
estrazione e del mondo dal quale io venivo, scarso di libri e di esperienze di
questo tipo, mi sconvolse, mi aprì moltissimo la testa. Se tu fai una certa
cosa e poi ti imbatti in chi ti spiega come tutto questo abbia un perché, una
storia, come la maniera di mettere le linee ed i colori su una superficie abbia
un enorme rapporto con quello che la gente pensa sul piano filosofico,
politico, in relazione a ciò che si faceva prima e a ciò che si fa dopo, con le
illusioni di un’epoca, ecc., questo ti apre la testa. Se poi,
contemporaneamente, avendo diciotto anni ed essendo ignorantissimo, incontri
uno come Leonardo Sciascia che ti fa capire come non ti frega molto di
documentare quel soggetto per una tesi antropologica, ma che hai un interesse
per la narrazione del mondo, allora questo ti fa mettere insieme le cose e te
ne fa, a poco a poco, acquisire consapevolezza.
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